Mamma lavoratrice = bambino "a rischio"?

Ogni giorno i dati e le statistiche del nostro Paese ci confermano quanto sia difficile per una donna entrare nel mondo del lavoro e restarci, soprattutto dopo la nascita dei figli.

Le donne che riescono a mantenere il lavoro fuori casa, che va ad aggiungersi a quello domestico, si sentono spesso profondamente in colpa perché non riescono a dedicare ai figli tutto il tempo e tutte le attenzioni che vorrebbero dare loro. Le madri soffrono molto quando si devono separare da un bambino che piange quando loro devono aprire la porta di casa per andare al lavoro e devono lasciare il figlio, magari ancora molto piccolo, ad altre persone.

Gli studi in questo campo, tuttavia, sono confortanti: se la mamma lavora fuori casa, i figli non vengono danneggiati dal punto di vista emotivo e psicologico e mantengono il loro legame di attaccamento con lei. Il lavoro della madre, quindi, non mette a rischio il benessere e lo sviluppo psicofisico sano dei bambini. Affinché ciò avvenga è fondamentale che il bambino, durante l’assenza della madre, sia ben seguito e accudito da persone di fiducia (dai nonni, da una baby sitter oppure all’asilo nido da educatrici competenti, se ancora non va a scuola).

Alcune ricerche ci dicono che i figli di madri lavoratrici tendono ad essere più autonomi e, secondo gli studi, crescendo tenderanno ad avere visioni di genere meno stereotipate perché fin da piccoli vedono e imparano che anche le donne possono lavorare fuori casa come gli uomini ed essere indipendenti.

Talvolta capita che i bambini le cui madri lavorano siano poco obbedienti. La ragione di questo comportamento non è tuttavia da cercare nel lavoro della madre ma, piuttosto, nello stile educativo di chi li segue durante l’assenza dei genitori: forse chi se ne occupa al loro posto non è abbastanza autorevole e non pone regole, oppure queste ultime sono in contrasto con quelle poste dai genitori in casa.

Ancora, talvolta i risultati scolastici di questi bambini possono essere mediocri, ma solo se i genitori sono così occupati dal lavoro da non interessarsi affatto alle attività dei figli e non si preoccupano di controllarne l’andamento. Ma lo stesso può accadere quando una madre è casalinga ma non è adeguata, non si interessa e non è partecipa della vita scolastica dei figli.

Qualsiasi sia la vita della madre, lavoratrice o casalinga, ci sono due aspetti che permettono al bambino e al’intera famiglia di percorrere in modo sereno il proprio “ciclo di vita”:

Soddisfazione

La madre dovrebbe cercare di essere soddisfatta della propria scelta e del proprio ruolo di madre lavoratrice o di madre casalinga, evitando di sentirsi frustrata: il senso di frustrazione percepito dalla madre influenza inevitabilmente in maniera negativa il bambino e la famiglia in generale.

La donna dovrebbe essere orgogliosa del proprio ruolo, sicura, determinata. Avete sentito parlare delle "casalinghe 2.0"? Le nuove generazioni di donne che sono sì madri e casalinghe, ma lontane dagli stereotipi: sono multitasking, tecnologiche, acculturate e spesso (grazie alle tecnologie) lavorano da casa e valorizzano così le proprie conoscenze e capacità.

Autorevolezza

La chiave per risolvere i piccoli inconvenienti conseguenti all’impegno lavorativo dei genitori sta nell’autorevolezza, lo stile educativo di cui tante volte abbiamo parlato: affettuoso ma capace di pretendere, che fissa regole chiare e condivise, che premia i risultati evitando di punire gli errori.

E tu, sei una mamma lavoratrice? Se lo desideri, puoi scrivere ciò che pensi in un commento qui sotto.

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