L'amico immaginario
Portala sulla Luna per me, d’accordo?
Bing Bong - Inside Out
Non molto tempo fa ho avuto occasione di guardare Inside Out, film d’animazione Disney Pixar del 2015.
Se non lo avete visto, non posso che consigliarvelo: divertente e profondo allo stesso tempo, fa riflettere sulle emozioni che danno colore alla nostra vita e sul fatto che sono tutte necessarie e importanti, anche quelle che giudichiamo fastidiose, come ad esempio la tristezza.
Nel corso del film viene presentato un personaggio molto particolare di nome Bing Bong: è un incrocio tra un elefante e un delfino, è fatto di zucchero filato rosa e quando piange “lacrima” caramelle. Bing Bong era un amico speciale dell’infanzia di Riley, la ragazzina protagonista del film. Era il suo amico immaginario e, ora che Riley è cresciuta, si aggira in solitudine nella sua memoria a lungo termine.
Ma i bambini reali possono avere davvero degli amici immaginari?
Quello dell’amico immaginario è un fenomeno che può riguardare i bambini nell’età compresa tra i due e gli otto anni.
Il bambino si crea un compagno di giochi invisibile, con il quale gioca e parla, pur essendo consapevole che egli non esiste nella realtà ma solo nella sua fantasia; può capitare, quindi, di vedere il bambino giocare e discutere ad alta voce da solo ma come se ci fosse qualcuno con lui.
Si tratta di un amico speciale, di cui il bambino si può fidare ciecamente, e può avere forme diverse: essere umano, animale, personaggio dei cartoni animati o altro.
A volte i genitori e gli adulti in generale guardano questo fenomeno con preoccupazione e si domandano se il bambino abbia qualcosa che non va. Gli studi ci dicono che in realtà si tratta di un fenomeno del tutto normale, un modo che i bambini possono utilizzare per approcciarsi al mondo per loro incomprensibile degli adulti.
Il famoso psicologo e pedagogista Jean Piaget diceva che l’amico immaginario è un “banco di prova” che il bambino utilizza per esercitare ed affinare la sua capacità di mettersi in relazione con gli altri senza danneggiare la propria autostima.
Di conseguenza, è opportuno che gli adulti non si preoccupino se il bambino ha un amico immaginario ma, anzi, accolgano questa figura come un’opportunità per capire qualcosa in più del bambino stesso attraverso i dialoghi che lui fa con il suo amico speciale. Infatti di solito il bambino racconta e confida all’amico immaginario i propri interessi, le proprie paure, i propri desideri. Mai minimizzare o ridicolizzare: si tratta di un gioco di fantasia, ma per il bambino i giochi sono qualcosa di molto serio. E l’amico immaginario pare sia segno di intelligenza, fantasia e creatività.
Poi, con il tempo, l’amico immaginario come è arrivato sparirà da solo.
Come Bing Bong, che per Riley rappresentava il legame con l’infanzia, sparisce nell’oblio. Per crescere, è stato necessario separarsene.
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