Non voglio andare a scuola!
4 consigli efficaci
Succede a volte che un bambino non abbia voglia andare a scuola: piange, fa i capricci, dice di avere mal di pancia oppure mal di testa. Talvolta questi sintomi sono “inventati” (e sono una scusa per restare a casa), altre volte possono essere reali e quindi possono rappresentare una spia che ci dice che qualcosa effettivamente “non va”.
In genere i bambini manifestano la “non voglia” di andare a scuola nei momenti di passaggio: al momento dell’ingresso alla scuola dell’infanzia, quando iniziano a frequentare la scuola primaria ma, altre volte, i disagi possono manifestarsi in diversi momenti del percorso scolastico.
Che cosa si può fare per aiutare il bambino in questi momenti delicati della crescita?
1. Fermezza e comprensione
Quando il bambino manifesta un di disagio legato alla scuola, il genitore ha il compito di essere fermo e risoluto ma, nello stesso tempo, paziente e comprensivo. Ciò significa parlare con il bambino cercando di capire che cosa non va (ci sono problemi con le maestre? con la classe? con un compagno in particolare?che cosa è successo?), essere aperti al dialogo ed empatici.
Nello stesso tempo, tuttavia, il genitore non deve cedere e accontentare il bambino tenendolo a casa da scuola: innanzitutto perché a scuola si deve andare ed è un impegno che non si salta, se non per malattie o problemi gravi; poi perché accontentare il bambino significherebbe portarlo ad evitare il problema anziché insegnargli ad affrontarlo (offrendogli sempre il nostro aiuto e il nostro supporto).
2. Aprire "vie" per le emozioni
Non tutti i bambini riescono a esprimere il proprio disagio a parole perché sono ancora piccoli oppure perché non riescono e non se la sentono. Diventa allora importante cercare di far emergere le emozioni e il “disagio” attraverso vie alternative al dialogo diretto.
Queste vie possono essere ad esempio il disegno, le favole, la drammatizzazione tramite pupazzi; tali modalità consentono al bambino di esprimere le proprie emozioni, di identificarsi con dei personaggi per poi, attraverso essi, aprire il discorso ed affrontare il problema con l’aiuto dell’adulto. Inoltre il piccolo capisce che può parlare di sé e del proprio malessere e che è giusto farlo!
3. Dialogo con gli insegnanti
Non deve mai mancare il confronto diretto con gli insegnanti con i quali la famiglia può e deve collaborare per trovare insieme una soluzione ai piccoli disagi manifestati dal bambino.
Un insegnante attento e sensibile alle necessità dei suoi studenti saprà sicuramente affiancarsi alla famiglia e suggerire come superare la fase di crisi in modo da rendere la relazione bambino-scuola il più sereno possibile.
4. Aiuto nei compiti
Capita che il disagio manifestato dal bambino nei confronti della scuola rappresenti per lui un modo per attirare l’attenzione dei genitori.
Non è mai bene essere disinteressati o scostanti verso gli impegni scolastici del figlio: il bambino, soprattutto nei primi anni di scuola, ha bisogno di essere guidato, ascoltato e supportato nel momento dei compiti. Se entrambi i genitori lavorano, è importante che la sera parlino con il bambino di ciò che ha fatto a scuola, controllino il diario e i compiti, lodino i successi e trasmettano senso di sicurezza e di autoefficacia (io sono capace!) anche di fronte ai piccoli insuccessi scolastici.
Ovviamente, quando lo si ritiene necessario e se non si riesce a trovare una soluzione al disagio dopo un periodo di tempo ragionevole, è consigliabile a mio parere parlarne con uno specialista: il pediatra può aiutare relativamente ai sintomi fisici, lo psicologo per affrontare ansie e paure, il pedagogista che può intervenire a supporto dei genitori, degli insegnanti e del bambino al fine di migliorare la qualità della relazione educativa tra genitori-figli-scuola e il benessere all’interno di essa.
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